Leggenda pugliese: “Lu Laurieddhu“, un folletto salentino

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La sua statura è all’incirca quella di un bimbo di quattro o cinque anni, dispettoso ed indisponente, veloce e silenzioso, adora immischiarsi nella faccende degli umani con scherzi vari, oppure dispensando inaspettate fortune.

Stiamo parlando proprio di lui, lo spiritello domestico che i nostri nonni giuravano di aver visto tante volte e contro le cui maracalle si trovavano spesso costretti a porre rimedio: “Lu Lauru”, “Lu Laurieddhu” o “Lu Municeddhu”, a seconda di come veniva chiamato nelle varie zone del Salento. Si tratta di uno spirito elementale, cioè degli elementi, in tutto simile, o quasi, ad uno Hobbit di tolkieniana memoria. Quando la Chiesa si accorse di non poter sdradicare tale credenza pagana, si volle asserire che “Lu Laurieddhu” era lo spirito di un bimbo morto senza battesimo, tuttavia lui esisteva da molto prima che il Cristianesimo facesse la sua comparsa nella storia.

In realtà non è cattivo ma, a volte, si rende insopportabile. Ama moltissimo i cavalli e molto spesso, durante la notte, si introduce nelle stalle per comporre le criniere dei suoi favoriti in strane e sottili treccioline che poi, per essere sciolte richiedono tempo e pazienza. Spesso si pone sulla pancia delle donne dormienti, rendendo loro difficile la respirazione, oppure si diverte a solleticare, sempre nel sonno, le piante dei piedi agli uomini. Tuttavia è anche il custode di tesori, spesso contenuti in una pignata e sotterrati in luoghi che solo lui conosce. Indossa uno strano cappello rosso a punta che è anche il suo talismano: “lu cappiddhuzzu”. Il sogno di tanti contadini era quello di impossessarsi di tale copricapo per ricattarlo e farsi portare uno dei tanti tesori. Infatti, se “lu cappiddhuzzu” gli viene tolto, “Lu Laurieddhu” diventa docile e piange come un bambino. Tuttavia non bisogna farsi commuovere perché, se il copricapo gli viene restituito, veloce si dilegua facendo sberleffi, salti e capriole, senza mantenere le promesse fatte. Bisogna farsi portare prima la pignata e poi ridargli “lu cappiddhuzzu”. Una cosa importante però, mai dirgli che si desidera oro, altrimenti porta merda, viceversa bisogna chiedergli la seconda per avere il primo …

Storie di altri tempi, quando non esistevano televisioni, veline e fobie calcistiche, e la vita quotidiana aveva un corso più regolare e più naturale. Oggi i “Laurieddhi” non si vedono più, sono fuggiti lontano, incalzati dal progresso che tutto divora inesorabilmente. Comunque, a dire il vero, sono convinto che non siano del tutto scomparsi, qualcuno di loro sarà sicuramente ancora nelle campagne limitrofe ai nostri abitati e, se consideriamo la continua necessità di denaro sonante per far fronte alle spese quotidiane, penso proprio che una notte di queste andrò alla ricerca di un “cappiddhuzzu” di qualche incauto “Laurieddhu” ……

 

Cosimo Enrico Marseglia