Leggenda pugliese: Le Masciàre

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SALENTO – Forse ancora oggi, in piccoli paesini sperduti della Penisola Salentina, non è difficile incontrare alcune strane donne che, durante il calore estivo, sventagliano i loro volti con un ventaglio recante l’immagine di San Rocco. Il più delle volte la reputazione di tali donne è circondata da misteri e segreti, di loro si parla bisbigliando, quasi si volessere nascondere ogni contatto o rapporto avuto con loro. Sono il residuo di un tempo antichissimo, infatti lo scrittore latino Petronio parla di loro, definendole “le Figlie della Notte”. Nel nostro gergo esse sono le “Macàre” o “Masciàre”, sorta di fattucchiere, termine in tal caso privo di ogni accezione negativa, capaci di ricorrere ad incantesimi o sortilegi, ma anche a miracolosi filtri guaritori, per venire incontro alle richieste delle persone afflitte dai più svariati problemi. Forse, se consideriamo l’antichità di tale attività, i loro rimedi dovevano essere molto più efficaci di quelli degli odierni psicologi, psichiatri, farmacisti o, addirittura, delle agenzie matrimoniali.

Duramente osteggiate dalla Chiesa ed accusate di essere streghe in un’epoca in cui il sapere era esclusivo privilegio maschile, si trattava in realtà di donne che erano riuscite a sopravvivere al tempo ed ai roghi, creandosi intorno una cortina di mistero e riservatezza. Quante donne si rivolgevano a loro per far tornare un amante fuggito? Occorreva portare alla “Masciàra” una parte del corpo dell’amato, tipo una ciocca di capelli o un’unghia, quindi questa prendeva un’arancia e, dopo averla bagnata con la cera di una candela, vi praticava un foro inserendovi all’interno la ciocca o l’unghia. Successivamente intorno al frutto veniva avvolto un filo di spago che veniva fermato con un nodo, quindi la “Masciàra” procedeva a conficcare dei piccoli spilli, pronunciando simultaneamente incomprensibili incantesimi. Alla fine l’arancia così ridotta veniva conservata sotto il materasso, quale infallibile talismano. Si racconta che l’amante fuggito sarebbe tornato perché legato alla fanciulla come lo spago all’arancia. Altre fatture richiedevano, invece, richiedevano sperma o sangue mestruale. “Fascinazione” era il nome che , in gergo, pretendeva la fattura.

Retaggi di un antico paganesimo, di una arcaica religione in sintonia con i cicli naturali, con le stagioni, con la luna, il sole e le stelle. Questo sono le “Masciàre”. Forse in origine si trattava delle Sacerdotesse della Dea Thana, nome messapico della greca Artemide e della romana Diana? Chissà! Tuttavia l’incalzare del progresso minaccia di cancellarle più di quanto non abbiano fatto le inquisizioni, i roghi ed il lento scorrere del tempo.

 

Cosimo Enrico Marseglia