Il Castello di Carlo V di Lecce ed i suoi fantasmi

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LECCE – Il primo nucleo del Castello di Lecce, corrispondente all’incirca al corpo centrale interno dell’attuale fortezza cinquecentesca, sorse come residenza dei conti, signori della città, in epoca normanna e di cui restano ben poche tracce costituite da una struttura muraria risalente alla seconda metà del XII secolo. Questa prima fortezza andò distrutta insieme alla cinta muraria della città durante la spedizione contro le città pugliesi condotta dal Re di Sicilia Guglielmo I de Hauteville detto il Malo. Rientrato a Lecce dal suo esilio in Grecia, il Conte di Lecce Tancredi de Hauteville provvide a riedificare la cinta ed il castello prima di salire egli stresso al trono.  Nelle successive epoche sveva ed angioina la fortezza fu rinforzata e di essa restano due torri superstiti a pianta quadrangolare: la Torre Magistra all’angolo nordorientale e la Torre Mozza all’angolo sudorientale.

Subentrati sul trono di Napoli gli Angioini, ben presto scoppiò la Guerra dei Vespri Siciliani e l’allora Conte di Lecce Ugo III de Brienne si schierò dalla parte di Carlo d’Angiò. Nel 1285 le armate di Ruggero di Lauria, prendevano Gallipoli, spingendosi fino a Lecce che subì un violento sacco. Il castello ebbe seri danni, e gli abitanti abbandonarono la città. Riconquistatala, Ugo la riedificò, ridandole lo splendore di un tempo. Nel 1296, in seguito alla ripresa della guerra, Lecce subì un nuovo assalto da parte di Ruggero di Lauria che, con manovre celeri e spedite, in piena notte la espugnò e la saccheggiò, dimostrando la debolezza delle strutture difensive della città, che necessitavano di un urgente adeguamento. Il Conte Ugo de Brienne, corso ancora una volta in difesa della città e del castello, venne gravemente ferito e dopo poco morì. Nei secoli successivi il maniero fu residenza dei Conti di Lecce, fra cui Maria d’Enghien, che lo preferirono all’ormai scomparso Palazzo dei Conti che venne venduto, abbattuto e sull’area costruiti altri palazzi signorili.

Nel 1539 l’Imperatore Carlo V d’Asburgo emanò l’ordine di rinforzare e ristrutturare il vecchio castello medievale, rivelatosi nel corso dei secoli ben poco solido e difficilmente difendibile, con un nuovo maniero in linea con le nuove concezioni di ingegneria militare. I lavori furono affidati all’Ingegnere Generale del Regno di Napoli Gian Giacomo dell’Acaya, Signore di Segine, piazza che successivamente fu rinominata in suo onore Acaya, ed ebbero inizio lo stesso anno per terminare probabilmente nel 1553, anno della morte del Vicerè Pietro de Toledo. In seguito all’ordine imperiale il castello fu denominato di Carlo V. Durante tale opera di ampliamento e rinforzo andò demolito l’antico convento dei Padri Celestini con l’annessa chiesa di Santa Croce, al cui interno c’era la tomba della Regina di Napoli, Principessa di Taranto e Contessa di Lecce Maria d’Enghien. In contemporanea al rinforzo del castello, il dell’Acaya provvide a risistemare anche la cinta muraria della città.

La fortezza presenta una pianta quadrangolare con quattro bastioni, uno per ogni angolo, che procedendo in senso orario da ovest verso est sono chiamati: di Santa Croce, di San Martino, di San Giacomo e della Santissima Trinità. I bastioni sono collegati da quattro spesse cortine, rinserrate dagli stessi, e che presentano diverse bocche in cui venivano posizionati cannoni e bombarde, fra le quali si distinguono le cosiddette bocche traditore destinate al tiro radente per cogliere sul fianco eventuali truppe nemiche in fase di avvicinamento, col fuoco a mitraglia dei pezzi di artiglieria. Il castello era circondato da un ampio fossato colmato nel 1872 poiché era diventato una vera e propria discarica a cielo aperto. Se il maniero medievale risultava interamente incluso all’interno della cinta muraria cittadina, quello cinquecentesco ne usciva in parte fuori ed i bastioni di San Giacomo e della Santissima Trinità con relativa cortina si affacciavano all’esterno. Una caratteristica del Castello di Lecce, a differenza di altri manieri pugliesi è rappresentata dai fianchi ritirati che, inoltre, si riscontrano anche nella cinta muraria della città. Come riporta il Bacile di Castiglione: “In conclusione Lecce con la sua cinta bastionata (l’unica cinta bastionata esistente nelle Puglie) e col suo castello presenta la forma più evoluta che della fortificazione moderna si abbiano le Puglie, onde a ragione era stimata <<una fortezza che merita il primo posto per il suo modo e maniera militare>>” (G. Bacile di Castiglione, Castelli Pugliesi, Arnaldo Forni Editore, Bologna, Rist. 1978, pg. 173)

Due erano le porte di accesso cui corrispondevano altrettanti ponti levatoi: La Prima Porta o Porta Regia che si affacciava all’esterno, dove ora sorge Piazza Libertini, e la Porta Ferrata rivolta verso il centro cittadino, alle quali si aggiungeva la Porta Falsa, situata con ogni probabilità nei pressi della Torre Magistra, utilizzata per eventuali sortite all’esterno.

Per la cronaca, secondo il Marciano nel Castello di Lecce, ovviamente quello medioevale, sarebbe morto il 12 maggio 1403 Raimondello Orsini – Del Balzo, Principe di Taranto, Conte di Lecce e Soleto, nonché primo marito di Maria d’Enghien. Secondo il Tanzi invece questi sarebbe morto nel gennaio del 1406. Sempre all’interno del castello sarebbero stati nascosti i tesori accumulati da Giovanni Antonio Orsini – Del Balzo Principe di Taranto, Duca di Bari, Conte di Lecce e Soleto, Figlio di Raimondello, alla cui morte se ne sarebbe appropriato Re Ferrante d’Aragona.

E veniamo adesso a parlare dei fantasmi, giacché sembra proprio che nel maniero leccese ci sia un vero assembramento, termine alquanto in voga ultimamente, di spettri. Almeno tre quelli di cui possiamo ripercorrere le tracce. Il primo è niente poco di meno che il fantasma di Giangiacomo dell’Acaia, l’ingegnere che progettò il castello stesso e nelle cui celle finì anch’egli. Nel 1501 Giangiacomo dell’Acaia aveva personalmente garantito un prestito in denaro ad un suo amico che, purtroppo, si rivelò insolvente, così venne imprigionato rischiando la vita. Fu solo l’amicizia del Sovrano a risparmiarlo tuttavia l’anno successivo, forse anche per il dispiacere, morì. Si dice che il suo spirito aleggi ancora nelle sale del castello.

Il secondo spettro sarebbe, invece, quello di un bambino, figlio di un soldato, che giocando cadde in un pozzo e non fu mai più ritrovato nonostante i tentativi fatti per soccorrerlo. Forse fu portato via dalla corrente dell’Idume, il fiume sotterraneo che scorre sotto la città di Lecce. Talvolta sembra che alla mezzanotte, risuonino nelle sale le grida ed i lamenti del povero piccino.

Il terzo fantasma dovrebbe essere quello di Maria d’Enghien, Regina di Napoli, Principessa di Taranto e Contessa di Lecce, Soleto e Galatina che, come abbiamo visto, abitò nel castello dopo il rientro nella sua amata Lecce e che fu seppellita nell’adiacente antico Convento di Santa Croce.

Cosimo Enrico Marseglia