LECCE – A Lecce la pietra ha il colore dei tramonti che la sfiorano, così gialla e pastosa che vien voglia di accarezzarla mentre case, chiese, monumenti, osservano i secoli rincorrersi tra balconi antropomorfi, misteriosi vicoli e maestose architetture in un silenzio surreale che solo a tratti si concede il chiasso dei giorni di festa.
Concentrati su tanta magnificenza, certo non ci si aspetta di venire travolti da una lezione di estro artistico proprio varcando la piazza storica della città, Piazza Sant’Oronzo; leggerezza perdonabile forse ai turisti, ma non certo ai salentini che tuttavia, ogni giorno percorrono in lungo e in largo la via del passeggio, dimenticando di volgere lo sguardo verso il muro dell’edificio che ospita il Banco di Napoli per rendere omaggio al monumentale orologio che dagli Anni ‘50 del secolo scorso, con dignità e un pizzico di superbia fa bella mostra di se, tanto da meritarsi l’appellativo di Orologio delle Meraviglie.
Non occorre soffermarsi a rimirarlo, sarebbe chiedere troppo ad un mondo che vive in perenne affanno, ma in segno di rispetto e gratitudine, almeno uno sguardo fuggevole sarebbe auspicabile.
L’Orologio delle Meraviglie non ha qualcosa di particolare perché é esso stesso una particolarità, una variante sul tema barocco che si inserisce nell’architettura urbana con lo stesso piacevole effetto di un papavero che spunta nel bel mezzo di un campo di grano.
Orgogliosamente salentino, l’Orologio delle Meraviglie fu realizzato nel 1955 su commissione della Banca Commerciale Italiana da Francesco Barbieri che certo non lesinò inventiva, materiali e dimensioni: un’opera in bronzo e rame smaltato di 20 quintali, 10 metri di altezza, 3 metri di larghezza, 3 anni e 6 mesi di lavoro, di cui 9 mesi furono impiegati per unire i vari pezzi con 52 fusioni.
Al termine dell’impresa, la Domenica del Corriere omaggiò l’artista con una tavola illustrata da Walter Molino che comunicava all’Italia intera che: “Dopo tre anni e sei mesi di lavoro, Francesco Barbieri di San Cesario, ha costruito l’orologio più grande del mondo, per la torre di Sant’Oronzo di Lecce”.
Soddisfazione innegabile e meritata per lo scultore che, nato a San Cesario nel 1908, dopo la formazione accademica a Lecce, ha girato l’Italia vivendo per lungo tempo a Milano e prendendo parte a manifestazioni artistiche in cui si é distinto per lo stile avanguardistico pur saldo nella sue origini meridionali.
Sacro e profano si fondono nell’Orologio delle Meraviglie, in perfetta comunione spirituale con la città che lo ospita, anch’essa sacra e profana come una laica Maddalena, ma il punto di vista dal basso non è l’ideale per scovarne i dettagli e si consiglia quindi di arrivare preparati all’incontro, anche perché a nessuno é mai venuto in mente di realizzare un pannello esplicativo.
Partendo da ciò che non salta immediatamente all’occhio, guardando dietro la cassa, é possibile scorgere la base rettangolare in mosaico e smalti veneziani con cornice in rame su cui basa l’intera struttura divisa in tre parti: inferiore, centrale e superiore.
Nella parte inferiore é loggiato il quadrante dell’orologio dalla forma che ricorda un occhio la cui pupilla, di un magnifico smalto color azzurro, ospita i numeri romani che segnano le ore intervallate da figure prese in prestito dai tarocchi: l’amore, la giustizia, la fortezza, il diavolo, l’asso di denari, l’asso di bastoni, il sette di denari, i principi, la spada con la corona, i gemelli col Sole, l’acqua, il vaso di fiori.
Proseguendo nell’esplorazione del quadrante-occhio, l’iride, di un affascinate colore rosso viene trafitta dalle lancette: all’estremità di quella che segna le ore si trovano la Stella Polare e il Serafino, il gallo canterino e la prima fase della luna invece, decora quella che segna i minuti; l’orbita infine, é una conchiglia che offre dimora a Eolo, ad una bussola e alle stelle accompagnati dalle fasi lunari.
Sale lo sguardo verso il grande ventaglio centrale di chiara ispirazione astrologica: in una terrena volta celeste, si incontrano infatti la Costellazione dell’Orsa Maggiore e la Stella Polare, elementi centrali della composizione, ai cui lati, a mo’ di casetta, 12 caselle smaltate con un azzurro sfumato, racchiudono i mesi dell’anno.
Un tocco di barocco con gli elementi floreali apposti ai lati del ventaglio rassicura a riporta alla realtà.
Interessante la parte superiore, con elementi che rendono omaggio allo stemma della Terra d’Otranto, con una variante sul tema: oltre al delfino e alla mezzaluna compaiono anche il sole e rami di olivo e melograno, simbolo e auspicio di una terra florida e feconda.
Il richiamo astrologico della parte centrale, viene ripreso anche nella parte superiore, ma in questo caso, il quadro si arricchisce con elementi di natura divina, poiché oltre ai 12 segni zodiacali posti in una cornice semicircolare é possibile ammirare, verso l’esterno, a sinistra l’Arcangelo Gabriele con le braccia alzate e a destra la Vergine che riceve l’Annuncio.
Un sole esplode con il suo smalto color giallo e i raggi in bronzo, riportando l’attenzione verso il centro, dove nella cornice dello zodiaco il Carro del Sole, con la sua quadriga di cavalli, trasporta Febo.
La naturale noncuranza e poca affezione alle cose pubbliche, ha nel corso degli anni permesso che l’Orologio delle Meraviglie venisse ricoperto dalla polvere del tempo, affronto imperdonabile per un orologio, infatti nonostante la sua magnificenza, si é arreso arrestando le sue lancette, fino a qualche anno fa, quando l’intervento del Banco di Napoli e il lavoro del team di restauratori professionisti della ditta Emilio Colaci di Alessano, lo hanno riportato all’antico splendore facendolo nascere a nuova vita grazie anche al potere dei media che hanno raccontato e diffuso la sua storia trasformandolo in meta degna di attenzione turistica.
di Claudia Forcignanò