Alla Scoperta del Salento: Muro Leccese, culla della civiltà messapica

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Foto Giulio Rugge

Nel Salento dei Messapi, un posto di rilievo occupa Muro Leccese, culla di importanti reperti archeologici fondamentali per tessere la trama della storia della nostra terra.

Il nome potrebbe derivare proprio dai resti delle mura di origini messapiche, ma a oggi non vi è certezza di ciò.

Riconosciuto come centro di interesse storico turistico, Muro Leccese ha avuto una vita lunga e travagliata, furono i Messapi e progettare e organizzare il centro abitato e la cinta muraria nel VIII secolo, ma nel III Secolo a.C. i Romani fecero tabula rasa.

Tra il 1896 e il 1992, una serie di campagne di scavi portarono alla luce ben tre mura di cinta, di differente larghezza, la prima risale al 300 a. C., mentre sulla datazione delle altre non vi è certezza.

Dopo l’attacco dei Saraceni nel 924, si avvicendarono vari feudatari, da Guglielmo Bosco, ad Alessandro Gothi, dai De’ Monti, gli Orsini Del Balzo nel 1438, che dopo averne delimitato i confini, lo cedettero alla famiglia dei Protonobilissimo che ne tenne la reggenza fino al 1774.

Dal dal 1797 al 1854 Muro Leccese fu sotto il controllo del Principe Antonio Maria Pignatelli di Belmonte prima e di Achille Tamborrino poi e finalmente nel 1861, si affrancò da ogni dominio.

Nel corso dei secoli il centro abitato si è arricchito di chiese e monumenti, alcuni si sono preservati fino ai giorni nostri, famosi sono inoltre i menhir Crocefisso, Giallini, Miggiano e Croce di Sant’Antonio.

La più antica chiesa di Muro Leccese è anche una delle più antiche del territorio di Terra d’Otranto, si tratta della Chiesa di Santa Marina, la sua costruzione, per la cui struttura sono stati utilizzati blocchi appartenenti alla cinta muraria realizzata in età messapica, risale al IX e XI secolo.

La facciata è semplice, sicuramente la lunetta posta sul portale d’ingresso in origine era affrescata, l’interno è a navata unica con abside semicircolare, il ciclo di affreschi racconta episodi della vita e dei miracoli di San Nicola datati prima del 1087. Il campanile è di matrice cinquecentesca.

Di epoca bizantina è invece la Chiesa di Santa Maria di Miggiano, si trova lontana dal centro abitato, al confine con Sanarica, ma è importante perché testimonia l’esistenza del casale di Miggiano e le recenti opere di restauro hanno portato alla luce l’esistenza di zone di sepoltura risalenti al Medioevo.

La struttura a pianta rettangolare custodisce affreschi dipinti tra il 1300 e il 1700.

Il Palazzo del Principe fu invece edificato nella seconda metà del 1400 sui resti di una struttura medievale, il profondo fossato è ricavato nella roccia, sul portale della facciata principale si trova lo stemma dei Protonobilissimo, mentre il cortile ospita vari silos, nei sotterranei sono tuttora conservate le cisterne che contenevano le provviste di olio, mentre particolarmente suggestive le incisioni lasciate dai prigionieri nelle celle delle prigioni.

Sempre per volere dei Protonobilissimo, nel 1561 iniziarono i lavori di costruzione del convento dei Domenicani, fu il principe Giovan Battista I Protonobilissimo a convocare in loco i frati Domenicani, il convento fu edificato sul cenobio basiliano di San Zaccaria e fu dedicato allo Spirito Santo.

Fu invece la moglie del Principe, Cornelia De’ Monti a volere, nel 1583, la costruzione della chiesa

Lo stile della chiesa è barocco con pianta a navata unica e transetto, la copertura a stella è decorata con pitture e gli altari in pietra leccese conferiscono ulteriore prestigio alla struttura.

A partire dal 1732 il convento ho ospitato l’Accademia Degli Eclissati fondata da Antonio Maria Papadia, ma pochi decenni dopo fu chiuso in seguito all’abolizione degli ordini religiosi voluta da Napoleone.

Bisognerà attendere il 1996 per la ristrutturazione e la riapertura al pubblico in occasione del Semestre italiano di Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura dell’Unione Europea.

A Cornelia De’ Monti si deve anche il completamento della Chiesa del Crocifisso nel 1613.

La chiesa, la cui costruzione aveva preso il via nel 1573 fuori dalle mura urbane, sorge sulle rovine di una chiesa bizantina e in origine era dedicata a San Giovanni Battista. I portali barocchi decorati da una croce a la statua di San Giovanni Battista in pietra leccese, arricchiscono e movimentano la facciata esterna, l’interno è a croce greca con tre altari, due dei quali dedicati a San Giovanni Battista e alla Pietà, mentre quello maggiore ospita opere di Placido Buffelli.

Nei locali adiacenti, fino al 1623 trovarono ospitalità i frati francescani.

Alla fine del 1700, precisamente tra il 1778 e il 1787 risale quella che è considerata uno dei capolavori del Barocco lecce: la Chiesa dell’Immacolata.

I due ordini della facciata sono delineati da un cornicione e il frontone curvilineo è raccordato da volute, sul portale centrale è alloggiata una nicchia decorata che custodisce la statua dell’Immacolata, mentre sull’ordine superiore il finestrone centrale con cornice illumina l’interno e impreziosisce l’esterno. Il prospetto, riccamente elaborato presenta due eleganti murature laterali.

L’interno a navata unica con abside rettangolare è chiuso da una copertura a botte lunettata decorata da stucchi rococò.

Le sei tele raffiguranti il ciclo della vita della Madonna e L’unzione degli infermi trovano ospitalità sulle pareti e la pala dell’Immacolata è posizionata sull’altare maggiore.

La chiesa madre di Muro Leccese è dedicata alla Madonna Annunziata, come le altre sorge sulle fondamenta di un edificio preesistente, la sua costruzione iniziò nel 1680 per terminare nel 1693.

Il prospetto diviso in due ordini è in pietra leccese, la trabeazione è sostenuta da lesene con capitelli corinzi.

Le quattro nicchie vuote del primo ordine sormontano il portale barocco delimitato da colonne con architrave su cui sono posizionate le statue della Madonna e dell’Arcangelo Gabriele, nell’ordine superiore, oltre al finestrone, è possibile ammirare lo stemma della città.

L’interno presenta la classica pianta a tre navate con transetto, l’altare maggiore proviene dalla chiesa del convento dei Domenicani e risale al XVII secolo.

La cacciata dei mercanti dal Tempio e il Sacrificio di Abramo di Liborio Riccio, La Conversione e il Martirio di Sant’Oronzo, Davide che danza durante il trasporto dell’arca, Eliodoro cacciato dal Tempio di Serafino Elmo, la Madonna Annunziata, la Madonna Immacolata, la Madonna Assunta, la Madonna col Bambino tra san Giovanni Battista e san Francesco d’Assisi, San Giuseppe, la Madonna fra San Carlo Borromeo e San Francesco di Paola, oltre a varie statue, rendono l’interno un interessante percorso all’interno dell’arte sacra.