“Semplici emozioni”, la nuova raccolta del poeta leccese Luigi Torsello

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Dopo “Versi nel vento” e il beneplacito del maestro Alessandro Quasimodo che ha firmato la prefazione del volume, il poeta Luigi Torsello ritorna in libreria con una nuova raccolta poetica intitolata “Semplici emozioni” ed editata sempre dai tipi della Aletti.

Questa volta il volume, che fa parte anch’esso della collana “I Diamanti”, si fregia dell’introduzione del poeta e paroliere Francesco Gazzè, noto per i testi di successo delle canzoni del fratello Max Gazzè. Gazzè poeta è uno che di parole e di emozioni se ne intende parecchio e a proposito di Torsello scrive: «Lui le emozioni le conosce eccome, le insegue da sempre come i bambini inseguono le farfalle, correndo incontro a perdifiato fino a quando quelle non spariscono dentro un fiore, dietro certe piante o da qualche parte in mezzo al cielo. E lo sa, Luigi Torsello, che nessuno l’ha ancora inventata la maniera buona per trattenerle a sé come un possesso; perché le emozioni sono di tutti e di tutti restano, incalcate negli occhi della gente o annidate in qualche posto profondissimo nei paraggi del cuore; da lì non le schiodi».

«Sia che si parli di irrazionali fobie, sia di silenzi complicati, di reale innamoramento, di sorrisi d’altri tempi, di campane interiori, di disperata rassegnazione, di vite imbronciate, sia che si parli di tenersi (semplicemente) per mano – continua Gazzè – questa silloge, oltremodo schietta, trasparente, essenziale e del tutto priva di certi artifizi estetici, […] sembra nutrirsi appieno del suo stesso titolo: semplici emozioni che piano piano, passo dopo passo, giorno per giorno, generazione dopo generazione, hanno come istoriato l’esistenza intera di un poeta con l’uomo dentro, di un autore intenso e prolifico che ha fatto dell’arte, in tutte le sue infinite forme, ragione di vita».

Torsello, infatti, originario di Lecce ma romano d’adozione, è un artista a tutto tondo, come accennato da Gazzè, essendo poeta, ma anche pittore, scultore e narratore. La sua propensione alla rappresentazione ha influito sulla genesi di queste poesie, come lo stesso Torsello ha dichiarato: «Per far arrivare le mie emozioni privilegio il modo di scrivere le mie poesie quasi con le regole e le intuizioni dei mezzi della comunicazione visiva, perché è risaputo che un’immagine arriva prima di una spiegazione o di una descrizione, è più immediata».

Il libro, molto inteso nei contenuti e nella scelta delle parole, è particolarmente suggestivo anche per l’immagine di copertina con un meraviglioso tramonto arancione sul mare e per le note riportate sul retro: «Fermarsi. Prendere coscienza che siamo anime che si guardano dentro e guardano altre anime, senza però comprendere che siamo null’altro che le emozioni che viviamo». Già da queste brevi, chiare e autentiche parole, emerge il messaggio predominante del volume nell’insieme, incentrato interamente sulle emozioni. È un inno ai moti del cuore, quegli impulsi interiori che, come ha chiarito lo stesso autore, «sono in parte naturali e in parte culturali, nel senso che il modo con cui ciascuno di noi si emoziona dipende dalla formazione delle due mappe che vengono create nell’individuo nei primissimi anni di vita. La prima mappa, quella cognitiva, ci porta a “vedere” in un certo modo il mondo, mentre la seconda, e cioè quella emotiva, ci fa “sentire” la risonanza emotiva che gli elementi del mondo, gli altri e le nostre azioni ci procurano, portandoci a reagire e interagire in un certo modo anziché in un altro. Entrambe le mappe contribuiscono, come detto, allo sviluppo del nostro IO, e quindi alla nostra personalità».

È un libro consolante, che riporta la centralità della nostra sfera emotiva per vivere appieno la vita; un atteggiamento auspicabile in questo momento storico in cui l’umanità è pronta a ripartire, ma può riuscirci soltanto se presta ascolto ai bisogni più autentici. Ne esce fuori anche una bellissima immagine del ruolo del poeta nella nostra attuale società, confermata dalle parole dello stesso Torsello: «Il poeta scrive anche per lasciare testimonianza nel tempo e, a volte, lo fa soprattutto in modo inconsapevole, sia per riconoscere la propria orma e sia per rassicurare se stesso di essere vissuto veramente».