TRICASE (Lecce) – Il Castello di Tutino, con il patrocinio e il contributo della Città di Tricase, presenta un evento di straordinario rilievo culturale e spirituale nell’ambito della rassegna “Tricase Emozioni a Levante”: la Cerimonia del Semà Mevlevi, antica tradizione sufi tramandata da oltre 700 anni in memoria di Jalal al-Din Rumi, poeta e mistico persiano del XIII secolo.
Sabato6 settembre, alle ore 19:30, il cortile del Castello di Tutino ospiterà la suggestiva cerimonia dei dervisci rotanti, eseguita dall’International Sema Academy, con i musicisti Sefer Siddik Francesco Piani (ney), Amina Meryem Marina Featherstone (kudum) e Sirajuddin Matteo Michelutti (bendir), e con i danzatori Ali Yaqub Jacopo Gandolfi e Veli Victor Guezennec Schmidt.
La serata si aprirà con i saluti istituzionali della Vicesindaca Francesca Longo, di Edoardo Winspeare per il Castello di Tutino. Seguirà la cerimonia, in cui musica, danza e poesia si trasformeranno in preghiera, evocando il viaggio mistico dell’anima verso Dio con i dervisci che, guidati dal suono del ney, compiono la danza rotante, gesto simbolico di rinascita spirituale e di apertura al divino.
La cerimonia sarà a ingresso libero.
Il programma prosegue il 7 settembre alle ore 17, sempre al Castello di Tutino, con un seminario a ingresso libero dedicato ai significati del Semà e un momento di esperienza partecipativa con il dhikr, la pratica sufi di ricordo di Dio attraverso la ripetizione ritmica di invocazioni e canti. Sarà un’occasione unica per avvicinarsi non solo alla cerimonia, ma anche per scoprire i significati della cerimonia e vivere insieme l’esperienza partecipativa dello dhikr.
Una cerimonia antichissima
Il Semà è una cerimonia che si esegue da oltre 700 anni, in memoria di Mevlana Jalal al-Din Rumi, mistico musulmano vissuto nel XIII secolo. Una cerimonia che guida l’iniziato all’estasi e, allo stesso tempo, che è simbolo del viaggio mistico dell’essere a Dio.
Rumi (nato nel 1207 nell’attuale Afghanistan e morto nel 1273 in quella che oggi conosciamo come Turchia) è stato il più grande mistico e poeta sufi di lingua persiana, che ha influenzato ampiamente il pensiero mistico e la letteratura in tutto il mondo musulmano; i suoi versi vengono ancora oggi letti, tradotti e commentati in tutto il mondo. Dopo la sua morte, i suoi discepoli si sono organizzati nell’ordine Mevlevi e hanno formalizzato la cerimonia del Semà, la stessa che si tramanda ancora oggi.
Ascolta: questa è la prima parola ad iniziare il Mathnawi. Il nome Semà deriva proprio dalla condizione di ascolto profondo. As-Sami è infatti uno dei nomi di Dio, attributo che designa Colui che tutto ascolta. Il Semà è un concerto spirituale, nel ricordo di Dio: “Ricordatevi di me e Io mi ricorderò di voi”, è detto nel Corano (2:152). Sia per chi partecipa attivamente che passivamente, questo rituale è in grado di indurre uno stato di oblio temporaneo, di estasi, per mezzo della musica e della poesia.
I sufi danzano attorno ad un centro e ruotano allo stesso tempo su loro stessi, nell’ebbrezza di essere immersi nella realtà divina, ispirati dal versetto del Corano che dice: “Ovunque vi rivolgiate lì è il volto di Dio” (2:115). Il rituale è espressione stessa della realtà divina e fenomenica. La cerimonia del Semà è accompagnata da vari strumenti tradizionali dell’area persiana-turca.
Anche gli abiti che indossano i dervisci, così vengono chiamati l’iniziati, hanno una carica altamente simbolica: il lungo abito bianco, che richiama il sudario; il copricapo conico di lana in testa, che richiama la pietra tombale; l’ampio mantello nero, che richiama la terra: è il funerale dello stato animale e istintivo dell’uomo, per dare vita alla rinascita dello spirito.
I dervisci alzano le braccia al cielo, in un abbraccio divino: il palmo della mano destra è aperto in preghiera e quello della mano sinistra è rivolto in basso, verso la gente, a cui le preghiere sono indirizzate. Distribuiscono quello che ricevono.
Ecco che il Semà è musica e danza che diventa preghiera: è purezza, gioia dell’anima, nutrimento dello spirito.
Un privilegio raro
Con queste parole l’assessora alla Cultura Francesca Longo ha accolto l’avvicinarsi dell’evento: “È un privilegio accogliere nella nostra Città un rituale tanto importante quanto raro alle nostre latitudini. Sarà un evento unico e di grande rilievo. Vivremo un momento di grande bellezza e spiritualità che, aprendo nuovamente una volta al dialogo tra i popoli, non potrà che arricchire la nostra comunità”.
Il Sindaco Antonio De Donno ha invece commentato: “Il Castello di Tutino e la tradizione sufi. Due pezzi di storia che si incontrano in un connubio unico, dimostrando ancora come culture apparentemente lontane possano parlarsi e sorprendere. D’altronde, non può essere diversamente: ce lo insegna la nostra Città, da secoli crocevia di linguaggi, esperienze e culture”.