BARI – Nello spazio raccolto della Vallisa di Bari, ideale per creare un rapporto intimo tra attore e spettatore e ritrovare la forza di fascinazione della parola, la Compagnia Diaghilev continua la sua ricerca sui capolavori del passato e i grandi della letteratura per farsi guidare nell’interpretazione della nostra realtà e dei comportamenti umani immutabili nel tempo. E dal 10 al 19 ottobre, per la stagione «Teatro Studio 2025-26» sostenuta da Ministero della Cultura, Regione Puglia e Comune di Bari, propone una riduzione per la scena, con la regia e l’interpretazione di Paolo Panaro, del romanzo «Oblomov» del 1859 di Ivan Gončarov (orari spettacoli: venerdì e sabato ore 21, martedì e mercoledì ore 20, giovedì e domenica ore 19).
Tra i più grandi scrittori russi del Diciannovesimo secolo, funzionario ministeriale, colto e conservatore, Gončarov condusse una tranquilla vita da scapolo nella San Pietroburgo dell’arretrata Russia zarista del tempo, interrotta solo da un lungo viaggio in nave attorno al mondo per una missione commerciale raccontata nel libro «La fregata Pallada». Traduttore di Goethe e Schiller, con «Oblomov» Gončarov si produsse nel suo capolavoro assoluto, storia di un uomo arrendevole e buono, totalmente passivo di fronte all’aggressività della vita. In un linguaggio che nulla ha da invidiare alla perfezione di Puškin o al feroce realismo di Gogol’, Gončarov rappresenta un universo apparentemente immobile ma in realtà freneticamente vivo di osservazioni, pensieri e annotazioni, sostanziando uno dei massimi capolavori della letteratura russa e mondiale.
Provinciale idealista, Oblomov è giunto a Pietroburgo per studiare, potendo contare sulla rendita di una tenuta dimenticata. All’inizio sembra disponibile a lasciarsi coinvolgere dallo spirito della gioventù, ma ben presto si rifugia nella sua stanza, sprofondando nella più assoluta inerzia fisica e psichica. In una camera coperta di ragnatele e di libri ingialliti, giace nella sua «normale posizione», dormendo e sognando, stanco e insensibile ai rumori della vita. Una vita che passa davanti al giovane e ricco Oblomov, insieme al benessere, garantito dalla tenuta di Oblomovka. Davanti agli occhi di Oblomov scorre una quotidianità sempre uguale, spesa spostandosi da un comodo divano all’altro in preda a sterili pensieri astratti. E così sfugge la possibilità di dar corpo ai sogni idealistici di gioventù. Solo il vitalissimo amico Stoltz riesce a ridestare Oblomov dal torpore, facendolo tornare a frequentare il mondo. Così, preso da un nuovo entusiasmo, Oblomov conosce la giovane Olga, di cui si innamora perdutamente. Ma proprio quando sembra essere diventato un’altra persona davanti all’amore, incarnato dalla bella e sensibile ragazza, Oblomov assiste impotente al matrimonio tra lei e l’amico Stolz, per richiudersi definitivamente nel suo tiepido guscio.
Con ironia pungente e forza narrativa, Gončarov crea intorno al protagonista un’atmosfera ossessiva e a tratti morbosa che denuncia non solo l’arretratezza civile di una nazione, ma soprattutto i conflitti interiori di ogni coscienza umana. Pertanto, Oblomov diventa specchio di un fatalismo storico ed eroe immortale della pigrizia, prodotto di una generazione viziata e apatica, inerte e priva di volontà, che non ha saputo dedicarsi a quelle riforme di cui necessitava la società russa. Insomma, un personaggio emblematico, nato dalla penna di uno di quei grandi scrittori che con le loro opere parlano dei temi universali dell’esistenza, dell’amore e della morte, dell’anima e della fede, dell’etica e della responsabilità, della speranza e del sogno. Temi ai quali la Compagnia Diaghilev continua a dare voce nel suo percorso di ricerca e rappresentazione teatrale.