Cultura come diritto, cultura come sfida: a Trani il pensiero visionario di Ledo Prato

9

In un tempo in cui la parola “cultura” rischia di essere svuotata, piegata alla retorica o relegata nei salotti, c’è chi la richiama con forza al suo significato più profondo: una leva per il cambiamento, una promessa di cittadinanza attiva. A Trani, mercoledì 29 ottobre alle 18:30, nel cuore elegante di Palazzo delle Arti Beltrani, il dibattito torna a farsi urgente con un appuntamento a cura di Delle Arti ODV ETS. L’occasione è la presentazione del libro “Cultura è cittadinanza. Esperienze pratiche e futuri possibili” (Donzelli Editore) di Ledo Prato, voce autorevole nel panorama delle politiche culturali italiane e anima instancabile dell’associazione Mecenate 90.

In un tempo segnato da fragilità e contraddizioni globali, devastato dalle guerre e da crisi ambientali e sociali, è forte il richiamo alla cultura come paradigma dei cambiamenti sociali e delle ragioni della speranza. Prato ci offre un appello appassionato: la cultura come motore di libertà, uguaglianza e responsabilità collettiva. Nel libro, sollecitato dalla conservazione con lo scrittore Paolo Di Paolo, mettendo in gioco la pluridecennale attività nell’ambito delle politiche culturali, Prato riflette sulle sue esperienze più significative, ma non solo. Il libro diventa manifesto critico e partecipe, che attraversa quarant’anni di impegno civile, progettazione culturale e militanza di Prato, da quella sindacale nella Napoli degli anni difficili al protagonismo culturale in Mecenate 90, dalla programmazione territoriale alla valorizzazione dei sistemi culturali, della gestione dei musei fino alla visione di una cultura capace di generare diritti, occupazione, futuro. A dialogare con l’autore sarà il caporedattore della TGR Rai Puglia Giancarlo Fiume, in un confronto che promette profondità di analisi e sguardi lucidi sul futuro, scavando nei nodi irrisolti tra cultura, politica e impresa.

“Cultura è cittadinanza” non è soltanto una ricostruzione personale: è un invito collettivo a ripensare il ruolo della cultura come strumento di coesione sociale, motore economico e radice identitaria. Prato interroga il lettore con la schiettezza di chi ha attraversato i territori del fare, ben oltre la teoria: “cosa impedisce all’Italia, con il suo immenso patrimonio culturale e naturale, di essere leader nell’economia della conoscenza?”. La risposta è nella “miopia di una classe politica e imprenditoriale che ha scelto la conservazione al posto del coraggio”. Da qui, la provocazione costruttiva che attraversa le pagine del libro: cultura e politica devono tornare ad allearsi, superando logiche autoreferenziali e investendo davvero nella crescita civile delle comunità.

Il libro intreccia esperienze concrete e riflessioni urgenti: come costruire nuovi spazi di sapere diffuso, contrastare la povertà educativa, valorizzare il patrimonio culturale come bene comune, abbattendo i muri tra cultura, impresa e territorio.

«La cultura mette al centro la persona. Ma non può farlo da sola, ha bisogno della politica. Se non è così, è solo retorica», scrive Prato. Da questa consapevolezza nasce un invito aperto a chi crede che cittadinanza significhi partecipazione, giustizia, visione.

Il confronto con il giornalista Giancarlo Fiume si preannuncia come un’occasione che riporta con urgenza la cultura al centro della vita dei territori – anche di quelli rimasti fin troppo a lungo ai margini dell’agenda pubblica e mediatica.

L’ingresso alla presentazione è gratuito, ma è consigliata la prenotazione sui canali di Palazzo delle Arti Beltrani (tel: 0883 500044, info@palazzodelleartibeltrani.it).

Chi prenderà parte alla serata non assisterà semplicemente alla presentazione di un libro, ma si troverà immerso in un dialogo vivo e necessario, capace di interrogare non solo le istituzioni ma ogni cittadino sul senso profondo dell’appartenenza. Perché la cittadinanza, ricorda Prato, “non è un’etichetta burocratica: è un esercizio quotidiano di immaginazione e responsabilità”.

Una serata per chi non ha smesso di credere nella speranza come gesto culturale.