Tra le commedie più note di Dario Fo e Franca Rame, «Morte accidentale di un anarchico» va in scena giovedì 30 ottobre, alle 20.30, al Teatro Forma di Bari, in memoria di Vittorio Cosentino, anima libera del teatro di strada barese che fu tra i fondatori del Gruppo Kismet con il compianto Carlo Formigoni. L’allestimento, con la regia di Claudio Destino e Federica Tucci, è della compagnia Eleftheria, che ha rivitalizzato il testo di Dario Fo, premio Nobel per la letteratura, curato da Franca Rama, aggiornandone parte dei dialoghi per non distaccarsi dall’attualità e affidandone l’interpretazione a un cast di attori nel quale, con lo stesso Claudio Destino, figurano Simone Ricci, Vincenzo Leone, Francesco Savarino e Beatrice Frattini.
Lo spettacolo, che verrà presentato con un intervento del giornalista e scrittore Lino Patruno, viene ospitato a Bari per iniziativa dell’associazione «Il Venerdì Libertario», e con il supporto organizzativo dell’APS «Nel Gioco del Jazz», per ricordare Vittorio Cosentino a cinque anni dalla scomparsa, avvenuta nel 2020 a 69 anni dentro l’Ex Caserma Liberata, diventata casa dell’artista barese e luogo di attività culturali dopo la riqualificazione artistica di un’area dell’ex Caserma Rossani. Coerente con la sua visione innovativa, ribelle e mai compiacente verso le forme culturali istituzionalizzate, Cosentino aveva scelto la via del teatro di strada, continuando a viaggiare e a trasmettere la propria esperienza attraverso laboratori e percorsi di formazione.
«Morte accidentale di un anarchico» fu rappresentata la prima volta il 5 dicembre 1970 a Varese e cinque giorni dopo a Milano. La «morte accidentale» a cui allude ironicamente il titolo è quella dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato il 15 dicembre 1969 dalla finestra del quarto piano della questura di Milano, nel corso dell’interrogatorio per la strage di Piazza Fontana. Le circostanze della morte, inizialmente non chiare, furono poi archiviate come un caso di «malore attivo». Il testo di Dario Fo e Franca Rame prese vita un anno dopo il fatto e rappresenta una farsa irresistibile, che attraverso l’uso del grottesco e del paradosso, mette in luce le menzogne e le contraddizioni del potere, nella sua natura più universale. L’effetto giullaresco è di una totale e travolgente comicità. Il testo riporta all’attenzione le scomode verità di quella tragica vicenda, con audace e provocatoria genialità artistica, mettendo il pubblico in guardia, esortandolo a non fermarsi mai alle verità raccontate e ai fatti così riportarti nel nome della giustizia e della fiducia, nel nome dell’informazione, e di come anzi il potere, riesca a organizzare il «gioco» del massacro, gestire il pianto, lo sdegno, lo scandalo, scegliere i colpevoli, le vittime, le medaglie alle vedove e agli orfani.
Sposando la cifra stilistica di Fo, l’allestimento della compagnia Eleftheria riporta in scena quel fatto tragico, appartenente alla memoria collettiva del Paese, come un’esperienza corale e un invito a prendere ancora una volta coscienza delle diverse contraddizioni che all’epoca emersero dalle diverse versioni rilasciate da questori e commissari presenti quella notte. L’allestimento è abbastanza fedele al testo di Fo e Rame, già di per sé molto attuale, ma è stato «rinfrescato» in qualche battuta per inserirlo nel contesto contemporaneo e snellirlo in favore di una maggiore immediatezza, a partire dalla scelta di non iniziare con il prologo, come era solito fare Fo, per proiettare il pubblico direttamente nel vivo della commedia.













