Festival Capotorti, per i defunti si esegue il Requiem di Fauré

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Nel giorno dei defunti il Capotorti Music Festival di Molfetta, organizzato dall’omonimo sodalizio presieduto da Vito Giovanni Maria Mastrorilli, offre una raffinata occasione d’ascolto con il «Requiem op. 48» di Gabriel Fauré, pagina di straordinario nitore nata in anni di lutti personali del compositore francese, che a breve distanza di tempo (tra il 1885 e il 1887) perse entrambi i genitori. L’appuntamento di domenica 2 novembre è alle ore 20.30 nella Chiesa di San Pio X, dove si potranno ascoltare, nella versione per soli, coro e pianoforte diretta da Nicola Petruzzella (che del festival è direttore artistico), il soprano Monica Paciolla, il baritono Antonio Marzano e il Coro Polifonico «Luigi Capotporti» accompagnati dal pianista Vito della Valle di Pompei.

Lavoro di vaste dimensioni suddiviso in sette parti, quest’opera sacra di Fauré si distacca di molto da altre composizioni romantiche del genere per l’assenza di ogni contrasto nella scrittura, tutta protesta verso un lirismo sommesso e intimo e un sentimento di abbandono che si può racchiudere nell’idea di eterno riposo cui rimanda la stessa parola «Requiem», con la quale peraltro l’opera si apre e si chiude. Proprio in quest’ottica si comprende la scelta di Fauré di non musicare il «Dies irae», il giorno dell’ira divina, che invece rappresenta il centro di un vero e proprio dramma religioso sia nel «Requiem» di Berlioz (noto come «La Grande messe des morts») che in quello di Verdi.

Tra l’altro, il «Requiem» è l’unica pagina di musica sacra davvero significativa nella produzione di Fauré, nonostante il compositore, del quale lo scorso anno ricorreva il centenario della scomparsa, fosse rimasto per tutta la vita a stretto contatto con l’ambiente religioso, prima come organista a Saint Sulpice, poi a Saint Honoré e, ancora, come maestro di cappella alla Madeleine, dove nel 1896 venne nominato primo organista. Insomma, il «Requiem» rappresentazione un momento particolare nel percorso artistico di un compositore introverso, che pure si conquistò una posizione originale nell’esuberante Parigi «fin de siècle» con lavori nei quali non è possibile scorgere molta distanza tra produzione sacra e profana in termini di atmosfere sonore, sempre prive di qualsiasi effetto e costantemente improntate a una tenera serenità e composta malinconia.