Mercoledì 3 dicembre nella sezione femminile della Casa circondariale Borgo San Nicola di Lecce con la partecipazione di Daria Paoletta si concludono i workshop dedicati ai linguaggi teatrali comici nell’ambito di “Bellezza mia – Anatomia tragicomica della vita delle ragazze”. Promosso da Factory Compagnia Transadriatica, in collaborazione con la Casa circondariale di Lecce, Università del Salento, Polo Biblio-museale di Lecce e Antigone Puglia, il progetto, sostenuto dal programma Futura – La Puglia per la parità, sta affrontando stereotipi, identità e discriminazioni di genere attraverso la creazione di una drammaturgia collettiva, interculturale e intergenerazionale. Dopo la prima lezione esplorativa attraverso diversi linguaggi, per una presenza scenica semplice, fragile e ironica, con Luca Pastore e il secondo appuntamento alla scoperta delle radici e delle dinamiche della comicità con Simonetta Musitano, spazio a Ritratti con Daria Paoletta, attrice e fondatrice della Compagnia Burambò di Foggia, tra le voci più autorevoli del teatro di figura e di narrazione, pluripremiata a livello nazionale. Attraverso voce, gesto e linguaggio, le partecipanti scopriranno come un’esperienza individuale possa trasformarsi in un racconto capace di parlare al cuore di tutti.
Il laboratorio, condotto da Carmen Ines Tarantino e Benedetta Pati – attrici e pedagoghe di Factory con una lunga esperienza di teatro sociale, anche all’interno del carcere leccese – da settembre sta coinvolgendo non solo donne detenute, ma anche lavoratrici, volontarie e studentesse under 25 e culminerà venerdì 12 dicembre in una restituzione pubblica delle partecipanti. La cifra stilistica scelta è quella della stand-up comedy, intrecciata a teatro di figura e clownerie: un linguaggio comico e dissacrante per affrontare temi spesso drammatici, restituendo la possibilità di raccontarsi in prima persona. In questo percorso il gruppo sta attraversando le diverse fasi della vita femminile – dall’infanzia alla vecchiaia – con uno sguardo ironico capace di rovesciare i ruoli imposti e mettere in luce discriminazioni e fragilità, ma anche desideri, relazioni e complicità. “Bellezza mia” punta a dare voce a queste donne, trasformando le loro esperienze in materia drammaturgica e costruendo una narrazione che, partendo dal contesto penitenziario, si apre all’intera comunità.













