Sabato 7 maggio la “Vox” del controtenore Maurizio Di Maio si fonde con il suono di cinque violoncelli al Teatro van Westerhout di Mola di Bari

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MOLA DI BARI – Il fascino coinvolgente delle sonorità di un quintetto di violoncelli, vera e propria tavolozza dell’espressività del canto inteso in senso lato, si fonde con la vocalità di un controtenore in un’emozionante celebrazione della vox umana, sabato 7 maggio (ore 21), al Teatro van Westerhout di Mola di Bari, per la primavera dell’Agìmus. Dal repertorio barocco a Giuseppe Verdi sino a Nino Rota, è la proposta intrigante ed originale che vede il coinvolgimento del cantante Maurizio Di Maio, per il quale ha riarrangiato la splendida «Ave Maria» di Giulio Caccini il pianista, compositore e producer Dardust, prossimo maestro concertatore della Notte della Taranta. Per l’occasione Di Maio sarà impegnato a far rivivere la straordinaria stagione del melodramma (e non solo) con cinque virtuosi dell’archetto componenti dell’Apulia Cello Ensemble, Giovanni Astorino, Giovanna D’Amato, Vincenzo Lioy, Daniele Miatto e Luciano Tarantino, tutti musicisti vincitori di vari concorsi e prime parti in varie orchestre italiane, nonché docenti di conservatorio e attivi da molti anni sia come solisti che in formazioni da camera con concerti per importanti istituzioni italiane ed estere.

Dall’introduttivo «Arioso» di Bach, si passa a Händel e alla sua celebre «Ombra mai fu», l’aria iniziale dell’opera «Serse» integralmente utilizzata nel film dedicato al pugliese Farinelli, il principe dei castrati. In programma anche «On the Nature of Daylight» del compositore minimalista britannico Max Richter. Quindi, un altro balzo indietro, al repertorio veneziano, con l’esecuzione dell’aria «Vedrò con mio diletto» tratta da «Il Giustino» di Antonio Vivaldi. Alternando a volte pezzi strumentali e vocali, ci si muove tra i secoli con il Finale dal «Barbiere di Siviglia» di Rossini e l’aria da camera «Vaga luna che inargenti» di Vincenzo Bellini. E non è possibile non toccare il mondo di Verdi, quello a cavallo dei cosiddetti «anni di galera», con il Preludio dall’«Attila» e il «Va’ pensiero» dal «Nabucco», prima di un ritorno al Settecento con l’arietta «Caro mio ben» attribuita a Giuseppe Giordani. Un messaggio di pace arriverà dall’abbinamento della «Melodia ucraina» di Myroslav Skoryk con l’omaggio al russo Ciaikovskij attraverso l’«Aria di Lensky» tratta dall’opera «Evgeny Onegin», titolo eccezionalmente rappresentato tre anni fa al Petruzzelli di Bari, prima di un altro salto indietro di quasi duecento anni, dal 1879 al 1705, anno di composizione dell’aria capolavoro «Lascia ch’io pianga» sei anni dopo introdotta da Händel nell’opera «Rinaldo». Ha i suoni dei nostri giorni, invece, l’omaggio a Federico II di Svevia del compositore pugliese Roberto Fasciano, autore del brano «Puer Apuliae» che fa da ponte al ricordo di Nino Rota, del quale viene eseguito il tema dal film «Il Padrino» nel cinquantesimo anniversario, e l’«Ave Maria» attribuita a Caccini ma forse composta dal russo Vladimir Vavilov, che la diffuse nel 1970 come opera di anonimo.

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